giovedì 7 giugno 2012

LA RICERCA CHE CONTA...

Grazie ad una ricerca dell’Università di Firenze nei giorni scorsi siamo venuti a sapere che se un marito tradisce la moglie rischia maggiormente di morire d’infarto a causa di stress e di stili di vita poco consoni…
Qualche domanda sorge spontanea:
1. Ma i nostri soldi versati allo Stato (ladro) non possono essere investiti per ricerche migliori? Qualche centesimo in più speso sull’innovazione e sulle nuove tecnologie non farebbe poi così male a questo paese “leggermente in affanno”…
2. Quanti quintali di denaro pubblico vengono erogati a docenti universitari per far fare loro queste ricerche? E pensare che ci sono organi ministeriali incaricati per decidere come e a chi dare questi finanziamenti…
3. Non è che ci sia qualche docente universitario di troppo in questo sistema baronale sorretto prevalentemente da raccomandazioni?
4. Quando si inizierà a premiare le università serie che fanno ricerca e didattica di qualità e quando si comincerà a radere al suolo quelle inutili sorrette dal nulla?

venerdì 1 giugno 2012

QUANDO IL CATTIVO ESEMPIO ARRIVA DA CHI DOVREBBE INSEGNARE



Ci sono docenti universitari con stipendi da 4000 Euro al mese che svolgono in un anno solare 20 giornate di lezione (su 365 giorni!) e pretendono che queste non siano tenute alle 9.00 del mattino (“Troppo presto, come si fa a portare i figli all’asilo o prendere il treno all’alba per arrivare a Forlì per le 8.30!”) e nemmeno alle 17.00 (“Troppo tardi, chi mi va a prendere la bimba a scuola?“).

Questi docenti sono sempre gli stessi che al primo Convegno da quattro soldi riescono a prendere senza fatica ed affanno il primo aereo disponibile alle 5 del mattino per raggiungere le più disparate e lontane destinazioni…
E’ sopportabile tutto questo? E’ giusto? Perché deve essere sempre tutto dovuto? Come possiamo educare positivamente i più giovani se ci sono esempi di questo genere? Non esiste futuro per una società che ha la parola “DOVERE” nascosta nell’OMBRA della parola “DIRITTO”.
L’Italia purtroppo è fatta da questa melma maleodorante… Tocca a ciascuno di noi, con i propri comportamenti virtuosi, trasformare questo lurido acquitrino a forma di stivale in uno splendido giardino! Non arrendiamoci!!!E’ sopportabile tutto questo? E’ giusto? Perché deve essere sempre tutto dovuto? Come possiamo educare positivamente i più giovani se ci sono esempi di questo genere? Non esiste futuro per una società che ha la parola “DOVERE” nascosta nell’OMBRA della parola “DIRITTO”.L’Italia purtroppo è fatta da questa melma maleodorante… Tocca a ciascuno di noi, con i propri comportamenti virtuosi, trasformare questo lurido acquitrino a forma di stivale in uno splendido giardino! Non arrendiamoci!!!

lunedì 27 giugno 2011

TRENTA E LODE DOCET: ALLA RICERCA DELL'UNVERSITA' FANTASMA


Come raccontato nelle pagine del romanzo, l'articolo uscito oggi sul Carlino di Forlì racconta le sensazioni degli studenti fuori sede che evidenziano in modo emblematico come Forlì non abbia la capacità di investire economicamente e culturalmente sull'università... C'è bisogno di iniziativa, c'è bisogno che la cittadinanza e gli amministratori capiscano il valore del tesoro che tengono inconsapevolmente tra le mani...


vedi articolo
http://www.magazine.unibo.it/RassegnaStampa/11J3/11J3LU.pdf

venerdì 17 giugno 2011

I COMMENTI DEI LETTORI / 13

ENRICA MAZZAVILLANI

"Ti faccio i miei complimenti!Oltre ad essere scritto bene, ti prende proprio il romanzo.Guarda ti dico alla verità..all'inizio parte un po' a rilento, ma dal momento in cui i 2 iniziano ad investigare ti prende molto e l'ho finito in un giorno di leggere. Ma il libro è un po' autobiografico?Diego ricorda un po' te!Comunque bravo e complimenti ancora! ciao! "

mercoledì 27 aprile 2011

I COMMENTI DEI LETTORI / 12

SUSANNA VEZZADINI
(docente Unibo)

"Come ti ho già anticipato a voce, il libro mi è piaciuto molto, e questo si capisce già avendolo io finito in poche sere. Mi è piaciuto il racconto nel suo insieme, la trama insomma, e mi sono piaciuti (praticamente tutti) i personaggi. Anche quelli affatto positivi, anche quelli di cui conosco vizi e vezzi, per ovvie ragioni di "frequentazione" - in senso lato ovviamente.
L'universo che hai descritto, sociologicamente parlando (ipse dixit!!!), è molto prossimo alla realtà, magari non nelle sue conseguenze finali (ehm...) ma certo nelle sue contorsioni e manie e, ovviamente, anche nei suoi slanci. E' l'università infatti, fatta dagli studenti, dai docenti (che senza gli studenti sarebbero nei guai...!!), dagli amministrativi, dagli spazi di studio e da quelli di incontro extra studio, dagli abitanti (autoctoni) e dai pendolari, dai "forestieri" più o meno vicini - più o meno lontani.
Ecco, ho trovato - e la cosa mi ha divertito e anche un po' spiazzato, lo ammetto - uno sguardo sempre arguto e vivace nello scrittore, avendo saputo così ben descrivere questa accozzaglia di gente, attitudini e caratteri, con tanta attenzione a quei particolari che fanno di una semplice figurina qualcosa di già più vicino ad un personaggio... bravo Alberto!!!!
E poi ho trovato uno stile piacevolissimo alla lettura, sebbene in alcuni tratti possa essere ancora perfezionato: ad esempio, a parer mio, lasciandosi maggiormente andare alla scrittura, fidandosi di più senza sottostare eccessivamente a ricercatezze terminologiche o a censure stilistiche. La scrittura è (anche) fantasia, e tu hai dimostrato - nonostante l'attinenza al vero di cui dicevo prima - di possederne parecchia!!! Dunque... via!!!
Congratulazioni vivissime, allora, aspettando la tua prossima fatica (e pure il miele, of course).
Un saluto e a presto, Susanna "

lunedì 18 aprile 2011

PREMIAZIONE "AL CATTOLICA"

Un'emozione grandissima mi ha accompagnato durante la cerimonia di premiazione al "Concorso letterario internazionale Città di Cattolica"!

Per i dettagli vi rimando allo SPECIALE "PREMIO CATTOLICA"

giovedì 14 aprile 2011

mercoledì 13 aprile 2011

IL GRIDO DI RABBIA DI UNA PRECARIA

Nel capitolo undicesimo del romanzo (pp 185 e seguenti) viene messo sotto la lente d’ingrandimento il problema del precariato nelle pubbliche amministrazioni italiane e soprattutto viene spiegata l’incapacità da parte dei Dirigenti della P.A. di gestire con efficienza ed efficacia l’organizzazione delle risorse umane all’interno degli apparati dei quali sono a capo. In gentile collaborazione con i Sindacati di categoria, si è arrivati ad una situazione grottesca e vergognosa che induce i precari delle pubbliche amministrazioni ad esprimere la loro rabbia e il loro sconcerto. Qui sotto uno sfogo di una precaria UNIBO, Nunzia Vespignani:

Le cavie di un’amministrazione schizofrenica
Matricola 41560, impiegata TA  a tempo determinato=precaria. Sono un numero nel mucchio della grande famiglia dei precari dell’UNIBO. Ho bisogno e sento la necessita di un piccolo sfogo, sullo sfondo del nuovo scenario battuto dai venti della riforma. Metto impegno in quello che faccio, ma forse non è sufficiente. Ho iniziato il mio percorso con un contratto di collaborazione più volte prorogato ed ho partecipato a due concorsi: il primo a tempo determinato (grazie al quale sto lavorando da 3 anni) e uno a tempo indeterminato  (nel quale non sono risultata vincitrice ma idonea). Ora siamo alla resa dei conti, il contratto ad ottobre scadrà e per legge non sarà più rinnovabile; a dicembre, ancora peggio, scadrà definitivamente la graduatoria del concorso a tempo indeterminato. E l’Ateneo cosa fa? Bandisce un nuovo concorso non per un numero definito di posti, una durata distinta e una sede specifica, ma per la formazione di una fantomatica graduatoria a tempo determinato da cui attingere per l’Ateneo tutto. Mi chiedo, allora, dove sono  le tanto decantate efficienza/efficacia dell’attività della pubblica amministrazione? Perché mi arriva una chiamata per un nuovo contratto a tempo determinato a 18 h settimanali con sede a Bologna, pescando dalla graduatoria a tempo indeterminato, offrendomi un periodo di lavoro inferiore alla scadenza del mio attuale contratto? La logica di questo gioco è a me sconosciuta, capisco solo che vogliono un mio rifiuto. Perché personale ampiamente selezionato, esaminato e oserei dire “sezionato” deve nuovamente presentarsi davanti ad una commissione per essere valutato per l’ennesima volta?Quanto costa tutto ciò? Non conosco le regole della politica o, come è d’uso comune dire ora, della governance? Probabilmente non mi interessano nemmeno perché da casalinga pragmatica quale sono mi sembra solo uno spreco di soldi, tempo ed energia. I precari sono persone già formate (per i quali l’Ateneo investe tempo e denaro in formazione) perché crearne altri? Rileggendo ciò che ho scritto vedo che le domande che mi faccio sono veramente tante, troppe. Personalmente preferirei un sonoro “ per te non c’è ne è più” e buonanotte al secchio, basta essere sotto esame è snervante e logorante e soprattutto rischia di crearmi problemi di relazione, perché mi viene meno quella serenità con cui fino ad ora ho affrontato il mio lavoro che, ribadisco, purtroppo mi piace.

venerdì 25 marzo 2011

PRIMO RICONOSCIMENTO PER TRENTA E LODE!



 “Trenta e lode” ha conquistato il Premio di merito al “Premio letterario internazionale Città di Cattolica 2011” (International Literary Award)!
La premiazione avrà luogo a Cattolica nel suggestivo e splendido teatro della Regina, sabato 16 aprile 2011 alle ore 21.00.
La serata sarà ricca di eventi e vedrà la partecipazione di personaggi della letteratura e dello spettacolo.
Vi terrò aggiornati sugli sviluppi e sullo svolgimento di questa cerimonia.
Sono certo che sarà una serata da… Trenta e lode!

Per informazioni sul premio cliccare sull’immagine:


Il Premio, gemellato con l'Associazione I.P.LA.C.-Insieme Per La Cultura, si avvale dell'alto patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Regione Emilia Romagna, della Provincia di Rimini e del Comune di Cattolica. Il premio vanta una giuria d'eccezione guidata da Giancarlo Trapanese, noto giornalista RAI, e composta dalla poetessa aullese Marina Pratici che è anche consulente artistico- letterario del premio, e da autrici di livello quali Lella De Marchi, Giusy Cafari Panico e Daniela Quieti.

giovedì 24 febbraio 2011

I COMMENTI DEI LETTORI / 11

CATERINA M.

"All'inizio mi sembra che il libro faccia fatica a partire. Parlo delle prime pagine, quando il lettore deve ancora cominciare ad ambientarsi.
Poi, quando compare la figura della matricola, la narrazione comincia a diventare molto avvincente.
Le parti in cui fai commenti sul comportamento del personale t.a., oppure quando critichi il sistema universitario, secondo me sono troppo lunghette. Ad esempio, quando il tecnico di laboratorio è alle macchinette del caffè mi sembra che il monologo su come vanno le cose occupi troppo spazio.
Invece, le parti in cui i ragazzi effettuano le indagini mi hanno fatto stare con il fiato sospeso e avevo davvero voglia di sapere chi fosse effettivamente il colpevole."

martedì 22 febbraio 2011

I COMMENTI DEI LETTORI / 10

EMANUELA

“Il valore dell’amicizia è da TRENTA E LODE!”
Simpatico e leggero, con un pizzico di giuste critiche alla nostra società in cui viviamo.
Mi sono davvero divertita a leggerlo. Mi ha preso molto!”

lunedì 14 febbraio 2011

I MIEI EDITORIALI / 2

L'Equità nelle scelte

Decidere, scegliere… Quant’è dura per chi ha delle responsabilità dover intraprendere la strada giusta o quantomeno imboccare quella meno sbagliata.. Un mestiere difficile quello del capo famiglia, del leader di un gruppo, del coordinatore di qualsiasi organizzazione…
Esistono delle basi corrette sulle quali fondare le proprie decisioni a volte impopolari? Probabilmente sì: il cuore, la ragione, il cuore e la ragione in egual misura, l’irrazionalità. Ciascuno di noi, qualora fosse nella situazione di dover decidere su qualcosa, si troverebbe quasi sempre a favorire qualcuno a discapito di qualcun altro.
Come deve agire un buon padre o una buona madre di famiglia? All’interno di un nucleo familiare le scelte devono essere intraprese in base a un mix di razionalità e di cuore. I sentimenti e i legami in questo contesto sono troppo forti: come si fa per esempio ad avere la forza di favorire uno dei propri figli, o uno dei propri nipoti? Obiettivamente anche se la ragione ci inducesse a pensare ad un’ipotesi di questo genere, sono certo che il nostro cuore bilancerebbe il peso della decisione su tutt’altra strada.
E tra amici? Se qualcuno venisse individuato per decidere su un progetto o un contenzioso, in che modo il membro di quel gruppo dovrebbe effettuare la scelta? Credo che anche in questo caso il connubio di razionalità e di sentimenti possa costruire le fondamenta per arrivare al giusto compromesso.
Ma in un ambiente lavorativo vige lo stesso sistema? In che modo il capo, il responsabile, il Dirigente deve portare avanti il bene di un’ area, di un’unità organizzativa, o di un gruppo di persone?
Spesso, comunemente, si fa la battuta affermando che “tutti noi ci sentiamo commissari tecnici” (ennesima metafora sul calcio, ndr) e che ci piace dall’esterno vestire i panni di chi ha l’onore-onere di prendere talune decisioni, giudicando impietosamente e senza strumenti il legittimo incaricato a farlo.
Se è corretto quindi non andare a giudicare una scelta specifica, può essere costruttivo ipotizzare in che modo questa dovrebbe essere intrapresa. Molte fabbriche ed aziende individuano esternamente il capo-reparto degli operai oppure un manager amministrativo perché i proprietari sanno che pescando dall’interno la figura ricercata si creerebbe inevitabilmente un disquilibrio di opportunità. Se il prescelto fosse selezionato dall’interno della struttura, avrebbe la capacità di richiamare all’ordine i colleghi con i quali aveva condiviso fino a ieri gli stessi problemi lavorativi o i weekend al mare? Sarebbe in grado di portare avanti senza essere condizionato dalle amicizie gli obiettivi richiesti dalla proprietà per la quale lavora? Probabilmente no. 
E’ corretto che il nostro Pietro Rea affidi all’amico del padre scomparso l’operazione “Trenta e lode”? Che cosa lo ha spinto a questa decisione? Un senso di riconoscenza verso un amico-agente demotivato e ormai desolatamente pronto alla pensione? Rea era fermamente convinto che Renzi avesse in mano le potenzialità per risolvere il caso? Oppure sono vere entrambe le cose?
E’ difficile essere capi, è complicato nell’organizzazione del lavoro scindere le amicizie extra lavorative con le responsabilità. Probabilmente un vero capo non dovrebbe farsi condizionare dai legami cercando di perseguire sempre i risultati migliori senza pensare a mugugni, a pianti o a saluti negati.
Il rapporto amicizia/amore-lavoro è molto complesso e purtroppo, a mio parere, poco funzionale se costruito su livelli gerarchici diversi. Tutti i protagonisti di questo rapporto perdono inevitabilmente di credibilità (a volte anche solo per mera gelosia) da parte degli osservatori o dei lavoratori esterni a questo legame. A rimetterci spesso sono proprio le stesse persone unite da questi affetti: con pregiudizi costruiti a volte in maniera del tutto infondata vengono messe in secondo piano anche le reali capacità della persone.
Riassumendo, un capo deve portare a compimento gli obiettivi che si è imposto di raggiungere o che il proprio superiore impone di ottenere. Per la credibilità non basta però ottenere i risultati perseguiti: il capo viene giudicato anche per il modo in cui riesce a governare la propria organizzazione. La sua credibilità passa anche da questo. Rea probabilmente ha macchiato la sua imparziale e indiscussa leadership facendosi per una volta condizionare dal cuore. E’ stato giusto quindi affidare a Renzi l'operazione “Trenta e lode”? Se avesse proseguito a lavorare come capo della squadra mobile a Forlì, avrebbe fatto la stessa scelta?

venerdì 11 febbraio 2011

I COMMENTI DEI LETTORI / 9

GIAMPIERO

“Una volta cominciato, le pagine scorrevano da sole verso la fine della storia.
Avvincente e divertente!
Un difetto: è finito troppo presto!”

lunedì 7 febbraio 2011

I COMMENTI DEI LETTORI / 8

GLORIA

"Il libro è bello. Emerge una certa sensibilità da parte dell’autore a trattare certi argomenti e tematiche. Si legge davvero bene, mi è piaciuto."

mercoledì 2 febbraio 2011

I COMMENTI DEI LETTORI / 7

BEATRICE

"Sei stato bravissimo! Il libro è divertente ed intrigante al tempo stesso! Emergono inoltre valori importanti che tutti noi dovremmo prendere da esempio. Mi piace molto il personaggio di Rea!
Complimenti!"

lunedì 31 gennaio 2011

I COMMENTI DEI LETTORI / 6

GABRIELLA S.

"Bravo, mi è piaciuto tantissimo!
Quando l’ho cominciato a leggere l’ho poi letto tutto d’un fiato!
Aspetto il prossimo!"
 

lunedì 24 gennaio 2011

I MIEI EDITORIALI / 1

“Perché io sì e tu no?”

È passato circa un mese e mezzo dall’uscita del romanzo e sono stati diversi i riscontri che i lettori, soprattutto quelli che mi hanno parlato personalmente, mi hanno evidenziato. La cosa che mi ha dato più soddisfazione è stata sicuramente quella di vedere ed ascoltare persone che hanno commentato temi diversi, a dimostrazione del fatto che “trenta e lode” è un libro trasversale, capace di stuzzicare i pensieri di tanti su molteplici questioni. Sono sincero; questo risultato per me è stato una delle soddisfazioni più grandi.
Chi prova a scrivere e poi ha la fortuna addirittura di pubblicare sa benissimo che i propri pensieri, i propri sogni e le proprie idee saranno messe in discussione da chi poi deciderà di sfogliare e leggere quel testo. Io sapevo quindi quali potevano essere le conseguenze delle mie parole o delle mie riflessioni, ma nonostante questo sono andato avanti, perché credo che la libertà di pensiero sia un valore, anche se la nostra società vive costantemente in trincea, alla ricerca dell’abbattimento del nemico che non la pensa come noi. Il nostro è il paese dei Guelfi e dei Ghibellini, dei Berlusconiani e degli anti-Berlusconiani, oppure, per riprendere una metafora a me cara, per qualsiasi tema sembriamo tutti degli ultrà allo stadio: la ragione sta sempre dalla nostra parte e l’avversario contrapposto ha per definizione torto e deve essere a tutti i costi demonizzato.
Quando ho deciso di evidenziare alcune situazioni curiose ed ingiuste presenti nel mio mondo lavorativo (l’università), lo stesso che mi ha fatto crescere, che mi ha regalato una stabilità remunerativa e sociale, non lo ho fatto certo per ingratitudine o per un becero moralismo. Ho deciso invece di esprimere alcune considerazioni, giuste o sbagliate che siano, per mettere in discussione un sistema che ha ancora grandi margini di miglioramento.
Io credo infatti che “chi di morale ferisce poi di morale perisce” e io sono il primo infatti ad inserirmi nel lungo elenco dei dipendenti pubblici non privi di macchia, ma questo non vuol dire che non si possano manifestare le proprie idee su un mondo ovattato che ha come difetto più grande quello di NON ESSERE GOVERNATO E CONTROLLATO.
Il pianeta del pubblico impiego si basa su “migliaia di cavilli normativi” e allo stesso tempo di “zero controlli e zero punizioni”, e i suoi elementi, cioè NOI dipendenti, spesso sappiamo solcare con disinvoltura questo mare di contraddizioni, riuscendo ad ottenere il massimo dei benefit rispettando spesso per assurdo le norme dettate dalla legge.

Però c’è una cosa che assolutamente non riesco a sopportare, e forse è stata propria questa la scintilla che ha fatto accendere il fuoco dentro me: il non rispetto del prossimo.
Quanto volte ci capita di stare ordinatamente in fila alle poste, in banca o alla cassa di un centro commerciale e vedere un furbetto (uso questo termine perché non vorrei autocensurarmi) che con una stupida scusa o addirittura in silenzio con naturale indifferenza salta la lunga attesa e si proietta a ridosso dell’inizio della coda. Oppure quante volte ci è capitato un fenomeno (idem come sopra) che seppur entrando dopo di noi ci frega l’unico posto libero nel parcheggio andando contromano e anticipandoci così sul tempo, facendoci rischiare così di perdere il treno o l’autobus… Poi, trovato finalmente un spazio lontano dove parcheggiare, corriamo stravolti senza respirare verso la nostra meta e proprio in quell’instante arriva il genio dell’ultimo minuto, il quale, parcheggiando nello spazio dei disabili a 50 metri dalla ferrovia o dalla fermata, mette bene in vista il pass che utilizza forse per il genitore o il nonno, e si incammina tranquillamente fresco e pettinato verso la sua destinazione.

Potrei continuare con un infinito elenco, ma la domanda che continuamente mi pongo è questa: “perché tu sì e io no?”
Le risposte posso essere tante: “Sono il più c+--++-e!”, “Siamo figli di una cattiva società” oppure “gli uomini sbagliano per natura” altrimenti “Capita a tutti di provarci, capita anche a te! Non ti scandalizzare!”, e perché no “L’occasione fa l’uomo ladro!”. Tutte risposte vere ed insindacabili, ma se vogliamo cambiare la società in cui viviamo dobbiamo partire dalle fondamenta che sono rappresentate dal rispetto verso il prossimo.
In poche parole quello che voglio cercare di spiegare è che in una comunità di persone (la famiglia, un gruppo di amici, un condominio, un quartiere, una città e perché no, un ambiente lavorativo) è fondamentale il rispetto delle regole soprattutto per il rispetto verso gli altri, per riuscire a costruire un ecosistema equilibrato, senza invidie, malumori e ingiustizie. Quindi la domanda che ciascuno di noi dovrebbe porsi non è “perché tu sì e io no?” ma “PERCHE IO Sì E TU NO?”.

Ciascuno di noi, in situazioni e contesti diversi, può avere in mano poterI o strumenti che ci possono favorire individualmente anche senza creare un danno a coloro che vivono all’interno dello nostro stesso gruppo o comunità. Però perché “IO Sì E TU NO?”. Credo che molti dei problemi della nostra società derivino proprio dalla non risposta a questa domanda. Dal capo di un governo all’ultimo dei cittadini, nessuno sa dare risoluzione a questo interrogativo.

Alberto

giovedì 6 gennaio 2011

RECENSIONE CORRIERE ROMAGNA

Riporto qui sotto la recensione pubblicata sul Corriere Romagna del 29 dicembre e a firma del noto giornalista locale Pietro Caruso.