mercoledì 13 aprile 2011

IL GRIDO DI RABBIA DI UNA PRECARIA

Nel capitolo undicesimo del romanzo (pp 185 e seguenti) viene messo sotto la lente d’ingrandimento il problema del precariato nelle pubbliche amministrazioni italiane e soprattutto viene spiegata l’incapacità da parte dei Dirigenti della P.A. di gestire con efficienza ed efficacia l’organizzazione delle risorse umane all’interno degli apparati dei quali sono a capo. In gentile collaborazione con i Sindacati di categoria, si è arrivati ad una situazione grottesca e vergognosa che induce i precari delle pubbliche amministrazioni ad esprimere la loro rabbia e il loro sconcerto. Qui sotto uno sfogo di una precaria UNIBO, Nunzia Vespignani:

Le cavie di un’amministrazione schizofrenica
Matricola 41560, impiegata TA  a tempo determinato=precaria. Sono un numero nel mucchio della grande famiglia dei precari dell’UNIBO. Ho bisogno e sento la necessita di un piccolo sfogo, sullo sfondo del nuovo scenario battuto dai venti della riforma. Metto impegno in quello che faccio, ma forse non è sufficiente. Ho iniziato il mio percorso con un contratto di collaborazione più volte prorogato ed ho partecipato a due concorsi: il primo a tempo determinato (grazie al quale sto lavorando da 3 anni) e uno a tempo indeterminato  (nel quale non sono risultata vincitrice ma idonea). Ora siamo alla resa dei conti, il contratto ad ottobre scadrà e per legge non sarà più rinnovabile; a dicembre, ancora peggio, scadrà definitivamente la graduatoria del concorso a tempo indeterminato. E l’Ateneo cosa fa? Bandisce un nuovo concorso non per un numero definito di posti, una durata distinta e una sede specifica, ma per la formazione di una fantomatica graduatoria a tempo determinato da cui attingere per l’Ateneo tutto. Mi chiedo, allora, dove sono  le tanto decantate efficienza/efficacia dell’attività della pubblica amministrazione? Perché mi arriva una chiamata per un nuovo contratto a tempo determinato a 18 h settimanali con sede a Bologna, pescando dalla graduatoria a tempo indeterminato, offrendomi un periodo di lavoro inferiore alla scadenza del mio attuale contratto? La logica di questo gioco è a me sconosciuta, capisco solo che vogliono un mio rifiuto. Perché personale ampiamente selezionato, esaminato e oserei dire “sezionato” deve nuovamente presentarsi davanti ad una commissione per essere valutato per l’ennesima volta?Quanto costa tutto ciò? Non conosco le regole della politica o, come è d’uso comune dire ora, della governance? Probabilmente non mi interessano nemmeno perché da casalinga pragmatica quale sono mi sembra solo uno spreco di soldi, tempo ed energia. I precari sono persone già formate (per i quali l’Ateneo investe tempo e denaro in formazione) perché crearne altri? Rileggendo ciò che ho scritto vedo che le domande che mi faccio sono veramente tante, troppe. Personalmente preferirei un sonoro “ per te non c’è ne è più” e buonanotte al secchio, basta essere sotto esame è snervante e logorante e soprattutto rischia di crearmi problemi di relazione, perché mi viene meno quella serenità con cui fino ad ora ho affrontato il mio lavoro che, ribadisco, purtroppo mi piace.

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